Entrai nello studio del dentista, consapevole che questa volta avrei sofferto. D’altra parte erano giorni che stavo male, anzi malissimo, ma come sempre mi ero rifiutata di andare da un dottore. Io e quella maledetta paura dei dottori, e degli ospedali, e delle operazioni chirurgiche… mi chiedevo spesso come avrei fatto a partorire il giorno in cui avessi deciso di mettere al mondo un bambino: sia il parto naturale che quello cesareo rappresentavano per me qualcosa di spaventoso! L’uno per il dolore, l’altro per l’anestesia, la sala operatoria, il taglio e poi i punti…
Qualche giorno prima, all’improvviso, mentre stavo lavorando, avevo sentito una fitta di dolore lancinante nella parte inferiore della bocca. Avevo cacciato un ululato di dolore, presa alla sprovvista, al punto che la mia collega d’ufficio aveva fatto un salto sulla sedia. Era subito venuta a vedere come stavo, e, mentre mi tenevo la mascella fra le mani, le avevo spiegato il male che stavo provando. La fitta non sembrava volersene andare, ne diminuire in intensità, al punto che dopo una decina di minuti, mi avevano portato in sala relax e fatto sdraiare sul divano. Avevo un impacco di ghiaccio sulla guancia e un’anima pia mi aveva dato dell’ibuprofene. Grazie alla massiccia dose di antidolorifico, in mezz’ora il dolore era cessato e, scioccamente, avevo creduto che sarebbe finita li. Scioccamente, per l’appunto. La sera, dopo cena, le fitte erano ripartite, ma stavolta andavano e venivano e variavano per intensità, diventando sempre più forti ed insopportabili. Passai quattro giorni a ingollare ibuprofene come se non ci fosse un domani, poi mi decisi a farmi visitare dal dentista. Solo ed unicamente perché quel dolore era diventato insopportabile.
Nello studio, il dentista mi disse che potevo solamente togliere il dente, se volevo liberarmi dal dolore, poiché la carie se l’era mangiato tutto e non vi era modo di salvarlo. Lo implorai di strapparmelo dalla bocca quanto prima e, nel giro di venti minuti, il dolore (assieme al dente) se n’era andato. Tirai un gran sospiro di sollievo, ma poco dopo – una volta scemata la felicità per la fine della sofferenza – la mia lingua toccò la zona anestetizzata dove prima c’era il dente, e incontrò un gran buco. Chiesi al dentista cosa si potesse fare al riguardo e lui mi spiegò che la soluzione migliore era senz’altro quella di ricorrere ad un ponte dentale. Chiesi cosa fossero i ponti dentali e mi spiegò molto dettagliatamente come i ponti fossero strutture che avevano la funzione di sostenere un dente finto, appoggiate ai denti adiacenti. I ponti dentali, fatti bene, erano assolutamente invisibili e non davano nessun fastidio e in quel modo avrei avuto la dentatura completa, senza realmente rendermi conto che avevo perso uno dei miei denti originali.
Per fortuna esistono i ponti dentali! Altrimenti, ad oggi, avrei un bel buco in bocca……